La parlata ci unisce ancora

Processione a Plostine, 1925

Plostine di una volta ed oggi

Antonio Arland

La vita a Plostine negli anni 80 è descritta benissimo in un testo pubblicato nel quotidiano croato Vjesnik, dal giornalista Salih Zvizdić. L'articolo inizia con la descrizione della trattoria Belluno e l'oste Ernest Pierobon e poi si passa alla descrizione della società giovanile Liberta diretta da Antun Bruneta. Da tutte le parti viene parlato l'italiano come anche nel negozio della società commerciale locale Budućnost (Futuro). È nota l'abitudine del capo August Manarin di chiedere ogni volta ad ogni cliente in italiano „Che volete, signore?“ Il paese ha circa 300 abitanti  suddivisi in un’ ottantina di case edificate una accanto all'altra lungo le strade, tutte belle da vedere. Dietro i cancelli delle case, che sono tutte costruite con mattoni di colore rosso intenso, si intravedono cortili puliti e sistemati. In ogni casa si puo' trovare del vino prodotto con l'uva sessarda e quinto, coltivata dai paesani. Una parte dei paesani sono pendolari e lavorano a Pakrac o a Lipik. Altri invece hanno costruito casa a Pakrac o a Lipik e vengono solamente nel fine settimana a Plostina, nel Campo del Capitano o altri paesi, per visitare i loro genitori. C'è gente che si occupa d'agricoltura, produce latte che si può comprare nel mercato oppure viene venduto al caseificio Zdenka. È interessante notare che alcuni produttori riescono a fornire fino a 40 litri di latte al giorno. Si può trovare pure la carne di cavallo, molto stimata. I paesani di Plostine non sono capaci di leggere i giornali in lingua italiana che arrivano dall' Istria e da Fiume visto che non conoscono la lingua  italiana letteraria. Ma il miglioramento s’intravede in un non lontano futuro visto che la compaesana Snježana Burigo con l'aiuto dell' Unione italiana freqentera' gli studi sia a Fiume che a Trieste e due anni dopo ritornerà nel paese con il diploma di maestra. Vinko ovvero Vincenzo Arlant è il presidente della Comunità locale ed ha due figli Giuseppe e Bernardo ed entrambi studiano in Italia. Il noto poeta di Plostine Silvestro Arland all' inizio degli anni 80 ha scritto una poesia dedicata agli italiani che si sono stabiliti nella regione della Slavonia. È interessante notare che usa un misto di lingua croata, italiana ed il dialetto bellunese dei bisnonni.

„Sum Vegni del Belun nela nuva tera;
una tera lijepa, una tera mila,
una tera draga;
sun vegno sento piu anni fa...“
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Oggi, trent'anni dopo, Plostine vive grandi cambiamenti. La guerra ha lasciato dietro di sé conseguenze ed irrequietezza. I giovani sono andati alla ricerca di una vita migliore, la maggior parte si è trasferita in Italia, la patria dei loro antenati. Nel paese si possono ancora contare ottanta case, anche se alcune sono distrutte o completamente ricostruite. Il bar Belluno, che ha anche citato il giornalista Salih Zvizdić nel suo articolo degli anni 80, è già  chiuso da anni. La chiesa di Sant'Antonio è ancora al solito posto, però chiusa, dunque la messa si celebra solamente una volta al mese. Nel paese è rimasto solo un negozio, completamente identico al negozio che c'era anni fa, solamente i prodotti sulle mensole, negli anni, sono cambiati. Possiamo anche notare l'Ambulatorio, costruito nel 2000, però anch'esso è chiuso. I medici vengono due o tre volte alla settimana. Grazie all'aiuto economico di Belluno è incominciata la costruzione del „Dom kulture“ dove si manifestano varie feste e spettacoli. C'è anche la sala da bowling che ogni giorno riunisce tanta gente del paese, nella maggior parte sono uomini di una certa età oppure nel corso delle vacanze; bambini e persone che hanno lasciato il loro paese ancora anni fa. Nel paese domina la gente oltre 60 anni. Com'è già detto, i giovani tornano, però non restano. Poca gente è venuta negli ultimi anni per restare e mettere sù una famiglia. I bambini nel paese  sono pochi. Visto che la scuola a Plostine è chiusa ed è diventata un museo i ragazzi vanno a scuola  con l'autobus a   Pakrac e  nei paesi vicini. Anni fa nel paese c'erano tre fermate dell'autobus però ad oggi non ne è rimasta neanche una. L'autobus, diretto a scuola, passa ogni giorno e gli altri solo due volte alla settimana. Nel paese regna la pace, pochi paesani sono agricoltori come una volta, oggi si coltiva solo per il propio bisogno. Il paese, prima della guerra era pieno di vita, soppratutto di cavalli che oggi, a Plostina non si possono neanche trovare. Una sola cosa li lega, ed è la loro storia, tradizione e la lingua.  Anche se tutti conoscono la lingua croata, i paesani conservano le loro radici e in tutto il paese risuona la lingua italiana, ovvero il dialetto chiamato bellunese. Certe volte lo usano anche con la lingua croata, ma tutti si capiscono tra di loro.  Il paese si rimpicciolisce con il passare degli anni, non si vedono progressi però è ancora presente. Dopo più di cent' anni di storia è possibile anche che scomparirà per sempre, se nel futuro non cambia qualcosa. C'è sempre meno gente che conosce e parla il dialetto bellunese, e sempre più gente che non lo „porta“ avanti nel futuro.
 

Scritto da Marieta Di Gallo

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1 Kliček D., Italiani in Slavonia dal 1880 al 2005, Città di Lipik e Comunità degli Italiani Lipik,  Lipik 2002